Tratto da S. Rossi, “Il design non perde lo smalto: Le potenzialità dei metalli smaltati”, Fausto Lupetti Editore, 2011
Unione inseparabile!
Se pensiamo ad un oggetto in acciaio smaltato pensiamo molto probabilmente ad un substrato metallico rivestito di un altro materiale di natura completamente diversa. In effetti è vero: smalto e acciaio sono materiali profondamente diversi, il primo è una massa vetrosa a struttura amorfa con legami di tipo ionico, il secondo è un materiale cristallino con legami di tipo metallico. Eppure si riesce ad ottenere un’aderenza elevata, un legame molto forte fra substrato e rivestimento. Lo smalto non si stacca! Ma a cosa è dovuta questa adesione?
Un rivestimento organico, una vernice ad esempio, viene applicata al substrato e lasciata essiccare e poi reticolare a temperatura ambiente o a temperature di poco superiori. Un oggetto in acciaio viene smaltato cuocendolo ad una temperatura di circa 800 °C. È chiaro, che in fase di cottura, avvengono reazioni chimico-fisiche che portano ad un’interazione molto forte tra i due materiali. Cerchiamo di capire cosa avviene.
Nella fase di riscaldamento di un oggetto da smaltare, il substrato metallico si ossida a causa dell’ossigeno che diffonde attraverso lo strato di smalto crudo. Raggiunta la temperatura di cottura lo smalto passa allo stato liquido “bagnando” in questo modo lo strato di ossidi formatisi. Questi si dissolvono nello smalto e reagiscono con i cosiddetti ossidi di aderenza (principalmente nichel e cobalto) in esso contenuti. Dopo la dissoluzione degli ossidi di ferro, lo smalto attacca il metallo del substrato. La superficie diventa molto rugosa e forma le cosiddette dendriti, in cui lo smalto liquido penetra per poi, col raffreddamento, aggrapparsi meccanicamente al metallo. All’interfaccia, metallo e smalto non sono più nettamente distinti.
Per migliorare ulteriormente l’adesione, spesso veniva realizzata una nichelatura della superficie dell’acciaio. Oggi, per eliminare l’uso del nichel, si ricorre ad un leggero strato di fondo speciale cui si fa seguire, bagnato su bagnato, la mano di smalto finale.
Considerata l’adesione molto forte dello smalto al substrato metallico, diventa quindi più corretto considerare l’acciaio porcellanato come un sistema. Si può tranquillamente pensare ad un “bimateriale” che riassume in sé le caratteristiche positive del metallo e dello strato vetroso. Chiaramente, affinché la sinergia dei due materiali possa essere realmente positiva, le proprietà dello smalto e del metallo devono essere adeguate. La composizione chimica ideale di entrambi promuove i meccanismi di adesione all’interfaccia e garantisce dilatazioni comparabili tra rivestimento e substrato in modo da evitare stress interni tali da causare rotture o distacchi. In definitiva sia materiale metallico sia lo strato vetroso devono essere progettati opportunamente per poter sfruttare a pieno le potenzialità di entrambi.
Micrografia ottica di un rivestimento a smalto.
Gratta –gratta ….
La superficie di un tavolo, così come il piano cottura di una cucina oppure la facciata di un edificio possono essere facilmente danneggiati. L’uso quotidiano, una pulizia errata con agenti abrasivi, azioni incidentali possono causare graffi, incisioni, opacizzazioni che fanno perdere alla superficie il suo aspetto iniziale. Magari l’oggetto non perde la sua funzionalità ma perde l’estetica e spesso questo aspetto conta molto di più.
La resistenza all’abrasione diventa quindi una proprietà molto importante per un rivestimento superficiale che inevitabilmente può essere rovinato nel corso della sua vita.
Il metallo porcellanato risponde bene anche a questa esigenza. Grazie alla sua natura vetrosa, lo smalto possiede un’elevata durezza e questa proprietà lo rende particolarmente resistente all’abrasione.
Quando si parla di abrasione è necessario distinguere fra abrasione superficiale e sub-superficiale. Nel primo caso il processo abrasivo si trova nel suo stadio iniziale. Considerando smalti ad alto gloss, quindi molto brillanti, l’abrasione causa un danneggiamento superficiale che porta ad un aumento della rugosità con conseguente riduzione della brillantezza; inoltre, anche la facilità di pulizia, caratteristica peculiare degli smalti, può diminuire. Considerando smalti a basso gloss l’abrasione superficiale può causare una modifica dell’aspetto estetico della superficie, un cambio del colore percepito o della texture.
L’abrasione sub-superficiale si riferisce invece ad uno stadio più avanzato in cui si ha una perdita in peso e quindi di spessore del rivestimento, fino alla sua completa rimozione.
Agendo sulla formulazione degli smalti, e quindi sulla loro composizione chimica, è possibile migliorare la resistenza all’abrasione sia superficiale che sub-superficiale. È possibile ottenere degli aumenti di durezza notevoli con prestazioni rispondenti anche alle richieste più esigenti. Basti pensare che l’acciaio smaltato viene impiegato in impianti industriali dove le condizioni di abrasione possono essere molto critiche.
Grazie dunque alla sua notevole resistenza all’abrasione, il metallo porcellanato può essere impiegato in maniera vantaggiosa sia nell’ambiente domestico che in luoghi pubblici, dove le probabilità di abrasioni e danneggiamenti sono piuttosto alte.
Mi piego ma non mi stacco
Una delle conseguenze dirette dell’adesione molto forte che si instaura fra smalto e metallo sottostante è il fatto che difficilmente il rivestimento si stacca dal substrato. Nel caso di impatti accidentali lo strato di smalto inevitabilmente si rompe con formazione di cricche o difetti, si può arrivare alla rimozione di scaglie di rivestimento ma, contrariamente a ciò che avviene per una vernice, non si verificano ulteriori distacchi dello smalto dal substrato. In questo modo il rivestimento non svolge la sua funzione protettiva solo localmente, in corrispondenza del difetto, dove è inevitabile il contatto con l’ambiente esterno e di conseguenza l’innesco di un processo corrosivo. Il legame chimico-fisico molto forte fra smalto e metallo evita che l’area esposta all’ambiente aumenti, lasciando così la possibilità ai fenomeni corrosivi di espandersi nel tempo. Inoltre la composizione innovativa di alcuni smalti permette una maggiore elasticità del rivestimento, riducendone la fragilità; smalti con queste caratteristiche permettono un certo grado di piegatura del manufatto senza arrivare alla rimozione di scaglie di rivestimento.
Test di piegatura del metallo smaltato
Se mi bucano non mi stacco
Lo strato di smalto protegge dalla corrosione l’acciaio di substrato isolando il metallo dall’ambiente aggressivo. Quindi, in prima battuta, potremmo dire che questo sistema di protezione risulta molto simile ad un rivestimento organico, anzi, qualcuno direbbe con in più lo svantaggio di essere fragile e quindi facilmente difettabile. Tuttavia se pensiamo alla presenza di un difetto il paragone diventa non attuabile.
Entrambi i rivestimenti, localmente in corrispondenza del difetto, non proteggono più il substrato e, quindi, si ha la formazione di prodotti di corrosione. La modifica locale del pH in corrispondenza del difetto, prodotta delle reazioni di corrosione, porta spesso, come conseguenza, nel caso dei sistemi vernicianti al fenomeno della delaminazione catodica, ovvero al distacco della vernice dal substrato, come si può osservare nelle figure riportate. Lo strato di smalto, invece, grazie all’ottima adesione con il substrato (si veda il capitolo relativo) e all’insensibilità alla modifica del pH, non mostra problemi di distacco ed il fenomeno corrosivo risulta relegato al solo substrato scoperto.
Tale fatto risulta di grandissima importanza poiché, nonostante la possibile formazione di difetti e cricche, lo smalto nelle parti non danneggiate continua a mantenere per lungo tempo la sua funzione protettiva mostrando un ottimo comportamento. Le figure riportano un campione smaltato con difetto circolare (tipico difetto che si può formare per danneggiamento meccanico) dopo esposizione per 500 ore in nebbia salina e due campioni, uno smaltato a sinistra e uno verniciato a polveri a destra con un difetto artificiale, prima e dopo esposizione in camera a nebbia salina. Si osserva chiaramente che nel caso dello smalto il difetto rimane localizzato e non si osserva un aumento dell’area interessata dal fenomeno corrosivo.
Resisto all’attacco
Solo pensando all’ambiente domestico una superficie può venire a contatto con svariate sostanze chimiche: gli alimenti in cucina, i normali detersivi, cosmetici, disinfettanti, medicinali.
Ad un elettrodomestico, ad un piano cottura o ad una vasca da bagno si richiede quindi un’elevata resistenza chimica tale per cui il contatto con queste sostanze non porti ad un degrado della superficie. Inoltre non solo la funzionalità del rivestimento deve essere mantenuta ma anche il suo aspetto estetico, le sue proprietà di gloss, di colore o di texture superficiale.
Sempre grazie alla sua natura inorganica lo smalto è in grado di resistere a contatto con molte sostanze aggressive. È un materiale inerte e quindi tende a non reagire chimicamente; come è noto, ha una struttura bollosa, ma le porosità sono isolate all’interno del rivestimento che è quindi impermeabile a sostanze liquide.
La resistenza chimica può variare notevolmente da smalto a smalto, ma, in generale, esso resiste bene a tutti i solventi organici, a soluzioni saline neutre e alla maggior parte delle soluzioni acide e basiche. È evidente che anche uno smalto ha dei limiti ma questi riguardano sostanze particolarmente aggressive come acido fluoridrico o soluzioni basiche bollenti che difficilmente vengono utilizzate comunemente. Il metallo porcellanato è utilizzato in impianti industriali chimici e farmaceutici dove l’aggressività delle sostanze chimiche con cui viene a contatto è particolarmente elevata. È chiaro quindi che è possibile ottenere delle formulazioni ad altissima resistenza chimica.
Difetto artificiale – confronto tra smalto (sinistra) e vernice (destra). Prima e dopo esposizione in camera a nebbia salina